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CdS Sent. N. 04349/2023: autoresponsabilità del richiedente e natura dei provvedimenti di decadenza dalle tariffe incentivanti adottati dal GSE

la Redazione

Da Giulia Ortolano

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha accolto l’appello presentato da una società operante nel settore delle energie rinnovabili avverso la sentenza con la quale il TAR Lazio aveva respinto il ricorso contro il provvedimento del GSE, contenente la decadenza dalle tariffe incentivanti di cui la società fruiva per un proprio impianto fotovoltaico.

Il ricorso era stato respinto in quanto il Tribunale aveva ritenuto che lo stato di fatto rilevato in sede di sopralluogo unito alla mancanza di una documentazione fotografica che attestasse quanto dichiarato costituiva una base motivazionale idonea a giustificare la decadenza disposta dal Gestore, che non sarebbe stato posto in condizione di valutare in modo inequivocabile la sussistenza di tutte le condizioni per l’accesso ai benefici di cui alla Legge 129/2010 né tantomeno l’avvenuto completamento dei lavori entro il termine perentorio previsto.

Il Consiglio analizza allora i caratteri dei provvedimenti di decadenza, che non sarebbero assimilabili a quelli di autotutela amministrativa quanto piuttosto espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo. Tale potere ha natura doverosa ed esito vincolato, in quanto volto non a riesaminare la legittimità di una precedente decisione amministrativa di carattere provvedimentale, bensì al controllo circa la veridicità delle dichiarazioni formulate da un privato nell’ambito di una procedura avente lo scopo di attribuire sovvenzioni pubbliche.

Il primo giudice, avallando la ricostruzione del GSE, ha inteso ravvisare nelle differenze -peraltro mai negate dalla Società – riscontrate nello stato dei luoghi riferite all’impianto elettrico la prova della sua originaria incompletezza, così da non ritenere ultimati i lavori sotto tale profilo alla data comunicata.

Il fatto che l’operatore venga chiamato a documentare i dettagli di ogni sub elemento dell’impianto, viene considerato un onere eccessivo per il privato richiedente ma, ritiene il Collegio, allo stesso tempo deresponsabilizza in maniera sperequata il GSE, esimendolo persino da una valutazione preliminare del corredo documentale.

Se da un lato il richiedente è tenuto ad assolvere agli obblighi di correttezza, specificati con il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e dell’autoresponsabilità, e che impongono che egli assolva oneri di cooperazione, quale appunto è il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete, di compilare moduli e di presentare la prescritta documentazione, dall’altro al GSE spetta di basare i propri accertamenti su riscontri oggettivi e, nel caso di specie, tenere conto della circostanza che il sistema non consentiva l’inserimento di un numero illimitato di fotografie, richiedendo all’operatore di effettuare una scelta che privilegiasse le angolazioni evidentemente ritenute più consone a fornire il richiesto quadro complessivo dello stato dei luoghi.

La possibilità di riesame, non può quindi spingersi fino ad introdurre da un lato oneri aggiuntivi, normativamente non previsti, la cui importanza può non essere stata percepita a priori, a maggior ragione considerando che il sistema informatico non consentiva l’inserimento di più di cinque foto, imponendo una cernita di quelle idonee a fornire la richiesta visione di insieme dell’impianto.

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