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TAR Toscana, Sent. N. 00222/2023: diniego parziale dell’autorizzazione paesaggistica all’installazione di pannelli fv e bilanciamento di interessi

la Redazione

Da Giulia Ortolano

Il Tar della Toscana non ha accolto il ricorso presentato contro il provvedimento di Autorizzazione Paesaggistica che autorizzava l’intervento edilizio per efficientamento energetico richiesto dalla ricorrente ma imponeva che i pannelli fotovoltaici da installarsi venissero dimezzati rispetto alla domanda presentata.

Nella sentenza si conferma il principio secondo cui il diniego – anche parziale – dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle peculiari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare; e, a maggior ragione, si ritiene, puntuali e analitiche debbono essere le ragioni del diniego qualora l’autorizzazione richiesta riguardi la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nei cui confronti l’ordinamento esprime un chiaro favore, potendo essi concorrere, indirettamente, alla salvaguardia degli stessi valori paesaggistici. La valutazione richiesta ai fini della tutela del vincolo paesaggistico non può, di conseguenza, ridursi all’esame dell’ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, ma deve farsi carico di tutti gli interessi pubblici coinvolti e favorire la soluzione che consenta, ove possibile, la realizzazione dell’intervento con il minor sacrificio dell’interesse paesaggistico nella sua declinazione meramente estetica (cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3207; id., 6 marzo 2018, n. 1424; id., 23 marzo 2016, n. 1201).

Tanto premesso, il nucleo centrale della motivazione che supporta il parere reso dalla Soprintendenza resistente il 5 aprile 2022 attiene all’impatto negativo dei pannelli fotovoltaici sui caratteri architettonici precipui dell’edilizia tradizionale, che prevedono l’impiego sulle coperture di elementi in laterizio. Ad avviso della Soprintendenza la sostituzione indiscriminata degli elementi in laterizio con altri di forma e materiale completamente diverso è suscettibile di modificare profondamente le caratteristiche edilizie della zona e deve essere valutata anche nella prospettiva del cumulo progressivo di numerosi interventi analoghi sui fabbricati circostanti, stimolati dagli incentivi previsti a favore della sostenibilità ambientale.

Il giudizio viene ritenuto coerente con le prescrizioni contenute nella scheda di vincolo, che, a garanzia dei caratteri insediativi consolidati, esige che i nuovi interventi edilizi siano armonici per forma, dimensioni, orientamento, con le caratteristiche morfologiche proprie del contesto territoriale, e, a salvaguardia delle visuali panoramiche, fa divieto di interventi che si sovrappongano in modo incongruo con gli elementi e le relazioni significative del paesaggio e comunque non interferiscano negativamente con le visuali tutelate.

D’altro canto, il parere impugnato si fa espressamente carico del bilanciamento fra tutela paesaggistica ed esigenze di sostenibilità energetica e individua il punto di equilibrio nel limitare, appunto, l’installazione dei pannelli alla sola falda meno visibile del fabbricato.

La circostanza che l’abitazione della ricorrente, a causa del ridimensionamento dell’impianto imposto dalla Soprintendenza, non possa raggiungere la piena autosufficienza energetica non è di per sé sintomatica di alcuna irragionevolezza della scelta amministrativa, posto che, da un lato, l’ordinamento non attribuisce alla transizione energetica una aprioristica prevalenza rispetto alla tutela dei beni paesaggistici e, dall’altro, la ricorrente non ha dimostrato la concreta insussistenza delle irrinunciabili esigenze cui la Soprintendenza ha subordinato la realizzazione dell’intervento, prescrivendone il ridimensionamento.

Non vi sono, in altri termini, elementi oggettivi sulla cui base sindacare quella valutazione, che consiste in un esercizio di c.d. “discrezionalità tecnica” a risultato opinabile e come tale, non presentando evidenze critiche sul piano della coerenza con la disciplina di vincolo, nonché della logicità e proporzionalità, non può essere sostituita da parte del giudice con una valutazione alternativa, ugualmente opinabile.

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