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TAR Calabria Sent. N. 00900/2023: diniego della realizzazione di progetto agrivoltaico come extrema ratio e inapplicabilità dei limiti dimensionali

la Redazione

Da Giulia Ortolano

Il TAR Calabria ha accolto il ricorso presentato da un’azienda contro provvedimento di diniego al rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale relativo ad un progetto agro-fotovoltaico di potenza complessiva pari a 14,4 MW.

Il giudice regionale ha riscontrato nelle valutazioni condotte dall’amministrazione resistente il vizio di eccesso di potere per carenza istruttoria e contraddittorietà, avendo espresso parere non favorevole all’accoglimento dell’istanza, sottolineando che “l’area è stata considerata come un’area ad alta naturalità non coltivata” e di conseguenza registrando la chiusura negativa del procedimento.

Il diniego impugnato è incentrato sui due concorrenti profili dell’asserito contrasto del progetto con l’art. 15, comma 4, lett. a) Q.T.R.P. (Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico) – in forza del quale gli impianti di produzione da energia elettrica da fonti rinnovabili, posti su terreno agricolo, non possono superare la soglia del decimo dell’area impiegata per le coltivazioni – e della collocazione dell’impianto agro-fotovoltaico su una vasta area pari a circa 34 ettari, con il rischio che la modifica dello stato dei luoghi derivante dalla sua realizzazione possa pregiudicare i delicati equilibri dell’avifauna selvatica e della fascia ecotonale presenti sul territorio, attesa la prossimità della stessa area alla Zona a Protezione Speciale “Pollino e Orsomarso”.

Richiamando una precedente sentenza del 2022 (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 20 giugno 2022, n. 1109) il TAR afferma che tale disposizione non può tuttavia trovare applicazione nella vicenda in esame, non essendo ravvisabile il denunciato contrasto con la normativa tecnica prevista nel Q.T.R.P., la quale risulta dettata con riferimento agli impianti fotovoltaici tradizionali realizzati a terra, ma non anche con riferimento agli innovativi impianti agro-fotovoltaici come quelli in esame, i cui moduli sono infissi al suolo ma elevati appunto dallo stesso a circa 3 m, così da ridurre al minimo il consumo del terreno agricolo .

Si richiama a tal proposito altra giurisprudenza, la quale ha statuito in vicenda analoga che “mentre nel caso di impianti fotovoltaici tout court il suolo viene reso impermeabile, viene impedita la crescita della vegetazione e il terreno agricolo, quindi, perde tutta la sua potenzialità produttiva, nell’agri-fotovoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti e ben distanziati tra loro, in modo da consentire la coltivazione sul terreno sottostante e dare modo alle macchine da lavoro di poter svolgere il loro compito senza impedimenti per la produzione agricola prevista. Pertanto, la superficie del terreno resta permeabile, raggiungibile dal sole e dalla pioggia, e utilizzabile per la coltivazione agricola” (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 11 febbraio 2022, n. 248).

Si aggiunga, da ultimo, che in base all’art 51, comma 3-bis, ultimo periodo, L.R. n. 19/2002, modificato dalla L.R. n. 17/2022, nel caso di impianti agro-voltaici i limiti percentuali di utilizzo del suolo non trovano applicazione.

Occorre da ultimo osservare che in applicazione delle linee guida nazionali n. 303 del 28.12.2019, attuative della direttiva 92/43/CEE Habitat e inerenti alla valutazione di incidenza ambientale, il diniego della realizzazione del progetto costituisce una extrema ratio, mentre nella fattispecie la preclusione alla realizzazione dell’impianto agro-fotovoltaico è stata disposta in assenza di una concreta analisi del sito di interesse, senza la rigorosa indicazione delle ragioni circa la prospettazione di effetti pregiudizievoli per l’ambiente, essendo l’area di interesse esterna al sito protetto, e in assenza, ancora, della individuazione di eventuali misure di mitigazione idonee ad elidere le criticità riscontrate, come invece previsto dall’art. 4.3 delle richiamate linee guida.

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