Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso e annullato l’atto con il quale il G.S.E. aveva disposto la decadenza dalle tariffe incentivanti percepite ai sensi del d.m. 6 agosto 2010 (c.d. “Terzo Conto Energia”) con riferimento a un impianto fotovoltaico sito nel Comune di Argenta (Ferrara).
Gli incentivi erano stati accordati originariamente ad un’altra società, che nella relativa istanza aveva allegato, quale titolo abilitativo per la costruzione e la messa in esercizio dell’impianto, l’autorizzazione unica rilasciata a una delle proprietarie del terreno dell’epoca. La “voltura” della convenzione di accesso agli incentivi a favore della società appellante era avvenuta a distanza di pochi mesi, su richiesta avanzata al G.S.E. dalla società prima concessionaria.
La decadenza impugnata, contenente anche l’intimazione a restituire le somme indebitamente percepite, è stata motivata mediante richiamo alla giurisprudenza amministrativa che « ha confermato che la normativa vigente non consente il disallineamento tra la titolarità del permesso a realizzare ed esercire l’impianto e l’assunzione della responsabilità di detta gestione ed esercizio ai fini dell’accesso agli incentivi”. Nel caso di specie, invece le due società non risultavano essere titolari del titolo autorizzativo né alla data di presentazione della richiesta di riconoscimento delle tariffe incentivanti né alla data di domanda di trasferimento della Convenzione e non potevano, pertanto, richiedere e ottenere le tariffe incentivanti in qualità di Soggetto Responsabile.
Il T.a.r. per il Lazio ha respinto il ricorso sull’assunto che la definizione di “soggetto responsabile”, di cui all’art. 2, comma 1, lett. t), del d.m. 6 agosto 2010, impone la coincidenza fra chi è titolare dell’attività e chi richiede il beneficio. Ha pertanto avallato la ritenuta sussistenza nel caso di specie di un “disallineamento soggettivo”, laddove la giurisprudenza è consolidata nel richiedere che il provvedimento autorizzatorio e/o concessorio rientri nella titolarità di colui che percepisce gli incentivi.
In sintesi, per poter ottenere gli incentivi, occorre essere responsabile dell’esercizio dell’impianto, il che di regola corrisponde alla titolarità dell’autorizzazione unica rilasciata dall’Ente competente. Ciò significa che in mancanza di detta autorizzazione gli incentivi non possono essere percepiti perché non si riveste la qualità di soggetto responsabile dell’esercizio dell’impianto. In tale senso non è possibile che un soggetto che non gestisce l’impianto possa chiedere l’incentivo, in quanto non ne è responsabile e come tale neppure può assumere tale ruolo formale nei confronti di G.S.E.
Tuttavia, l’astratta volturabilità dei titoli (da sempre pacificamente ammessa secondo il principio generale della circolazione giuridica dei beni e dei titoli rappresentativi di essi: bene giuridico è, del resto, ogni cosa che può formare oggetto di diritti) o l’utilizzabilità di istituti di semplificazione amministrativa per le successive modificazioni dal lato soggettivo dei medesimi (c.d. novazione soggettiva) non consentono una lettura sempre meccanicistica del principio in esame, pur in astratto valido.
La chiarezza rappresentativa della situazione esposta da subito, da un lato, e la continuità dell’impianto nella effettiva titolarità del solo richiedente il contributo, dall’altro, inducono a derubricare il disallineamento de quo ad un piano meramente formale, come tale rimediabile purché tempestivamente eccepito.
Il G.S.E. non ha dimostrato, né esplicitato nell’atto impugnato, che la differenza soggettiva sul piano formale tra il titolare dell’autorizzazione e il soggetto responsabile (a lui nota ab origine) implicasse davvero la non titolarità dell’impianto, che per contro parte appellante documenta come nella gestione della propria dante causa da subito, tanto da averne curato costruzione e attivazione, acquisendo anche la proprietà del terreno pochi giorni dopo la presentazione dell’istanza di ammissione agli incentivi, in accordo con la proprietà.