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news Contributi & Commenti

  • 16 Gennaio 2025
  • Contributi & Commenti
  • Ottavio Saia Ottavio Saia

Dal vento ai rifiuti, gestire il fine vita delle turbine eoliche

Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, decarbonizzare l’economia dell’Ue e abbandonare l’energia fossile, la tecnologia dell’energia eolica on e offshore svolgerà un ruolo cruciale.

Non a caso in tale comparto si prevede un fattore di crescita compreso tra 1,5 e 2,7. Quale diretta conseguenza di questa osservazione si ha che le turbine eoliche rappresenteranno un flusso di rifiuti emergente di grande rilevanza nell’ambito Ue.

Un rapporto commissionato dall’Agenzia Europea dell’ambiente (EEA) del 2021 stima che il settore eolico richieda circa 400mila tonnellate di materiale per gigawatt (GW) di potenza eolica installata.

Lo stesso rapporto indica che, nel 2019, in Europa, sono state installate 2.843 turbine eoliche onshore, con le quote più alte in Francia, Svezia, Germania e Grecia, e 502 turbine offshore, con le quote più alte nel Regno Unito e Germania.

Anagrafica dell’eolico europeo

Al momento della pubblicazione del rapporto, 34mila turbine, per circa 36 GW di capacità eolica onshore, conteggiavano 15 anni o più di lavoro. Dei 36 GW, circa 9 GW avevano tra i 20 e 24 anni e circa 1 GW ha 25 anni o più.

La maggior parte della capacità produttiva, che conta turbine non più recenti, si trova in Germania, seguita da Spagna, Italia, Francia e Portogallo, secondo WindEurope.

In Italia, delle 7.500 pale funzionanti sul territorio, secondo ANEV, il 27% è stato installato fra il 1996 ed il 2004. Ciò vuol dire che hanno una vita tecnica residua vicina allo zero.

Si stima quindi che già nel 2025 si genererà un volume totale di rifiuti proveniente dal settore di circa mezzo milione di tonnellate in Italia e di 3,3 milioni di tonnellate in Europa, che passerà a 4,7 milioni di tonnellate nel 2030.

La riciclabilità dei materiali eolici

Le turbine eoliche sono composte da diverse parti, come, strutture in cemento, torre, basamento e cavi, realizzate con materiali afferenti a filiere di trattamento dei rifiuti rodate e mature, come l’acciaio, l’alluminio, il rame, la ghisa e il cemento.

Ciò vuol dire che circa il 90% della massa di una turbina eolica può ritenersi facilmente recuperabile senza particolari sforzi tecnologici e di mercato sulla filiera esistente. Anche l’olio utilizzato per la lubrificazione ed il raffreddamento dell’aereogeneratore, unico rifiuto pericoloso presente in maniera non significativa nelle turbine, si giova di una filiera del riciclo capiente, rodata e in ottima salute, soprattutto in Italia (Ma quale “emergenza rottami”! Gli aerogeneratori sono riciclabili per il 94%).

Grazie alle imprese operanti nel sistema consortile nazionale che si occupano di questo tipo di rifiuto liquido, la rigenerazione offre percentuali di recupero massicce, secondo il Consorzio Nazionale Olii Usati (CONOU), superando anche quelle di filiere di più lunga e prestigiosa tradizione, come quella dei metalli.

Le restanti parti degli impianti eolici, rappresentano meno del 10%, in peso, del materiale da recuperare, e pongono la sfida maggiore per la filiera del trattamento. In primis i generatori elettrici, che contengono le indispensabili terre rare e materiali critici. Poi ancora le pale delle turbine fabbricate con materiali compositi leggeri contenenti fibre di carbonio e fibre di vetro.

Recupero di terre rare e materiali critici

La criticità di un materiale e dunque il suo valore si basano sull’elevato rischio di approvvigionamento e sulla rilevanza economica. Le terre rare rappresentano un esempio significativo di materiale critico.

...

Autori dell’articolo sono:

  • Simone Togni e Davide Astiaso Garcia (ANEV – Associazione Nazionale Energia del Vento)
  • Ottavio Saia e Mauro Zilio (Consorzio E-Cycle)
continua a leggere su www.qualenergia.it

Link AL DOCUMENTO UFFICIALE

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