Con la delibera del 16 giugno 2025, il Comitato di vigilanza e controllo RAEE ha approvato la metodologia per il calcolo delle quote di mercato dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) per l’anno 2024, in attuazione dell’art. 35, comma 2, del D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49. La disposizione impone al Comitato di definire i criteri per determinare tali quote, “anche in considerazione, ove possibile, del diverso impatto ambientale delle singole tipologie di AEE”.
È proprio quel “ove possibile” a costituire il primo punto critico: una formula che, pur formalmente rispettosa del principio di proporzionalità ambientale, finisce per offrire una giustificazione implicita all’omissione sistematica del parametro ecologico nella prassi applicativa. La metodologia contenuta nell’allegato alla delibera, infatti, si limita a un calcolo aritmetico delle quantità immesse sul mercato, espresso in tonnellate, senza alcuna ponderazione in funzione della pericolosità, durabilità o complessità del trattamento.
Si tratta di una semplificazione che svuota di contenuto lo stesso art. 35, co. 2, e che rischia di essere in contrasto con i principi europei di responsabilità estesa del produttore (art. 8 Direttiva 2008/98/CE, art. 14 Direttiva 2012/19/UE), i quali impongono un legame diretto tra le responsabilità economiche e gli effetti ambientali dei prodotti immessi sul mercato.
Altre due questioni rimangono aperte. La prima è la permanenza di un refuso nella classificazione dei raggruppamenti previsti dall’Allegato I al D.M. 185/2007 (modificato dal D.I. 20 febbraio 2023, n. 40): il paragrafo 4.5 appare duplicato nel Raggruppamento 2 e nel Raggruppamento 4. La delibera riconosce il problema ma non propone una soluzione correttiva, lasciando irrisolta una possibile fonte di errore nei dati dichiarati.
La seconda riguarda la mancata distinzione tra AEE domestiche e professionali, trattate in modo indistinto nella metodologia. Anche in questo caso, il principio di semplificazione si traduce in un'applicazione uniforme di criteri che non tengono conto delle differenti caratteristiche tecniche e ambientali dei prodotti.
Infine, la previsione secondo cui i produttori sono responsabili delle dichiarazioni, ai sensi del D.P.R. 445/2000, resta priva di una cornice di controlli o verifiche a campione che ne garantisca l’effettiva attendibilità. Questo approccio lascia interamente alla buona fede dei soggetti obbligati la qualità dei dati su cui si basano quote e oneri, in contrasto con le esigenze di affidabilità del Registro nazionale di cui all’art. 29 del D.Lgs. 49/2014.
Nel complesso, la delibera rappresenta un adempimento formale corretto, ma conferma un'impostazione prevalentemente quantitativa e minimale rispetto ai requisiti ambientali. L’adozione di criteri più articolati e aderenti alla gerarchia dei rifiuti resta un passaggio necessario per allineare la normativa nazionale agli obiettivi europei di economia circolare e sostenibilità ambientale
Ricevi le novità più importanti dal mondo dei rifiuti.