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news Giurisprudenza

  • 17 Luglio 2023
  • Giurisprudenza

Il TAR Milano rimette alla Corte di Giustizia UE la valutazione circa il limite agli extraprofitti Fer introdotto dall'art. 15-bis del dl Sostegni-ter

Con ordinanza n. 1744/2023, depositata il 7 luglio, il TAR Milano si è rivolto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché si pronunci sulla legittimità del tetto imposto agli extraprofitti derivanti dall'energia prodotta da impianti da fonti rinnovabili. La norma oggetto di contestazione è l’art. 15 bis del D.L. 27.1.2022 n. 4 - cui si è data attuazione attraverso la deliberazione Arera 15.6.2022, n. 266/2022/R/eel - e che prevede, per i produttori ivi indicati, che il corrispettivo per la cessione di energia, anziché essere determinato dal mercato, sia determinato dal legislatore in via autoritativa, mediante la fissazione di un tetto massimo sui ricavi compreso tra € 56/MWh e € 58/MWh (tranne per le isole Sardegna e Sicilia, rispettivamente, Euro 61/MWh e 75/MWh). In data 8.10.2022 è entrato in vigore il Regolamento della comunità Europea 6.10.2022, n. 2022/1854/UE, avente ad oggetto un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia, che ha in particolare previsto un tetto sui ricavi più elevato, pari a € 180/MWh, e un ambito di applicazione più esteso, rispetto a quelli di cui all’art. 15 bis. Al regolamento europeo è stata data attuazione tramite la L. 29.12.22 n. 197 e la deliberazione Arera n. 143 del 4.4.2023, ma solo per ciò che concerne i produttori di energia da fonti non rinnovabili e da fonti rinnovabili non menzionate nell’articolo 15 bis. Il Collegio dubita che le concrete modalità seguite dal legislatore italiano per individuare il tetto siano conformi ai limiti fissati dal Regolamento Europeo e dalla normativa comunitaria in materia di energia, sia con riferimento alla sua entità, che all’ambito dei soggetti a cui si applica. Anche il metodo di calcolo non sarebbe proporzionato e ragionevole, essendo basato sulla media aritmetica dei prezzi in ciascuna zona di mercato - registrati dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2020, rivalutati sulla base dell’inflazione - al contrario di quanto disposto nel considerando n. 28 del Regolamento n. 2022/1854/UE, secondo cui ai fini della fissazione del tetto sui ricavi di mercato, avrebbe dovuto farsi riferimento alle ore in cui la domanda era ai massimi livelli, prima della guerra di aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina. Non risulta in tal modo garantito ai produttori, come richiesto dal Regolamento UE, di mantenere il 10% dei ricavi al di sopra del tetto con ciò omettendo di tutelare gli investimenti effettuati nel settore delle energie rinnovabili in contrasto con i principi affermati dalla Corte di Giustizia, secondo cui, è necessario “favorire, in una prospettiva di lungo termine, investimenti in nuovi impianti”. Una ulteriore considerazione è riservata inoltre al fatto che l'art. 15 bis colpisca solamente i produttori di energia che utilizzano fonti rinnovabili. Mentre il Regolamento n. 2022/1854/UE sottopone al tetto di cui all’art. 6 anche i produttori di energia che utilizzano lignite, petrolio greggio, e torba (art. 7 par. 1, lett. h, i e j), e ritiene “opportuno” fissare un “tetto specifico” per coloro che utilizzano carbon fossile (considerando 41, art. 8 par. 1 lett. d), l’art. 15 bis non prevede invece alcuna disciplina per tali produttori, che hanno pertanto ricevuto un vantaggio ingiustificato, soprattutto, nel periodo compreso tra il 1.2.2022 ed il 1.12.2022, in cui non sono stati sottoposti ad alcun tetto sui ricavi, dando perciò luogo ad una discriminazione, ed a una distorsione nel funzionamento del mercato. Inoltre, malgrado l’art. 8 par. 1 lett. a) del Regolamento n. 2022/1854/UE consenta di differenziare il regime applicabile alle diverse fonti, l’art. 15 bis ha invece previsto un tetto sui ricavi di mercato unico per tutte le categorie di produttori, malgrado i costi di generazione dell’energia non siano uguali per tutte le categorie di impianti, ciò che, analogamente, pare suscettibile di dar luogo ad una discriminazione, ed ad una distorsione nel funzionamento del mercato.

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